mercoledì 24 agosto 2016

Arrivo a Victoria Falls

Ciao a tutti!
Pensavamo di trovare l'Africa più vera in Sudafrica, ma è stato così solo in parte. Un piccolo assaggio l'abbiamo avuto nei primi giorni nel nord-est del paese, nella regione dello Mpumalanga (vedi post), una delle più povere del Sudafrica. Ma in Zimbabwe, dove abbiamo proseguito nel nostro viaggio africano, abbiamo trovato un angolo di Africa più simile a ciò che ci eravamo aspettati. In fondo parliamo di una nazione poverissima, tra le più povere e disagiate in assoluto al mondo (185° per PIL pro capite e 173° per indice di sviluppo umano).

Primati per la strada
Ci era stato detto che avremmo trovato un aeroporto un po' particolare a Victoria Falls. Invece non è affatto così: anche grazie agli introiti turistici, il piccolo aeroporto, posto ad una manciata di chilometri dalla località celebre per la vicinanza alle omonime cascate, è un bell'edificio, veramente curato, pulito e all'avanguardia. Altro che le piste sterrate che ci eravamo aspettati...
Un modulo, da compilare con i nostri dati, ci attende: è la procedura per ottenere il visto di ingresso. Le forze dell'ordine sono simpatiche e disponibili, il doganiere non lo è altrettanto, ma sfido ad essere cordiali quando si lavora ininterrottamente con il timbro in mano. Un po' di coda, qualche timbro, 30 dollari americani (qui la moneta locale è così svalutata che non la stampano più...) e ancora un ulteriore controllo ai nostri bagagli: siamo finalmente in Zimbabwe.

Una strada dello Zimbabwe

Nella hall dell'aeroporto c'è una schiera di autisti e di altrettanti cartelli da esporre ai turisti appena sbarcati in Zimbabwe. Quest'area vive di turismo, e il servizio di taxi e navette costituisce una bella fetta dell'impiego locale. Anche qui a Victoria Falls, dove comunque si sta meglio che in altre zone del paese, ci si arrangia un po' come si può. C'è chi ha un lavoro fisso e relativamente redditizio, magari presso uno dei lodge presso cui pernottano i turisti. Molti altri, la maggioranza, si devono arrabattare come meglio riescono. Ufficialmente, in Zimbabwe, il tasso di disoccupazione tocca vette fino al 90%.

Facoceri in giardino

All'aeroporto, ad esempio, ci aspetta un gruppo di ballerini e musicisti che danno vita ad uno spettacolo tribale. Molto coinvolgente, tra l'altro. Alla fine dello spettacolino, chiedono sostegno economico chiedendo un'offerta o di acquistare la compilation delle loro canzoni. Ma gli episodi più frequenti sono capitati in città o presso le cascate, dove bambini e ragazzini, con insistenza ma con cortesia, provano a rifilare qualche souvenir. Una giraffa in legno, una sciarpa, una banconota da un miliardo di dollari (dello Zimbabwe). Tutto ciò che può essere rifilato ai turisti va bene...

Danza in aeroporto

Il pulmino che ci porta in hotel è veramente un pezzo di antiquariato dei motori, un Toyota Coaster che risalirà agli anni '80, sembra più scassato che intero. Ma sulle strade dello Zimbabwe va che è un piacere. Strade asfaltate, si. Ma solo le piste principali, come quelle che collegano aeroporto, città e cascate. Il resto? Ogni strada secondaria che si dirama a partire da quella principale è sterrata. Ai bordi della strada, oltre alle scimmie e ai babbuini che popolano la savana, è facile vedere uomini che appartengono ad una realtà che per niente assomiglia a quella occidentale. Bambini in divisa che vanno a scuola raggiungendo la fermata più vicina del bus (che magari distano chilometri l'una dall'altra), donne con carichi assurdi sulla testa, bancarelle improvvisate. Folclore a cui non siamo abituati.
Mezzi di trasporto? Di auto ce ne sono, e non poche. Auto che girano, decisamente meno. Molti pulmini (per i turisti) e bus di linea. Dove vige la miseria, laddove i bus non possono arrivare, le gambe sono ancora il mezzo di locomozione preferito, che si cammini o si pedali.

Bici come mezzo di trasporto merci.

Nel mentre che rimaniamo a bocca aperta di fronte ad un branco di babbuini che impunemente tagliano la strada a tutti i mezzi motorizzati, l'autista ci racconta qualcosa sullo Zimbabwe. Tra cui anche qualche dettaglio sulla situazione politica del paese. La "Repubblica Democratica dello Zimbabwe", quella che decenni fa era sotto il controllo inglese con il nome di Rhodesia, è governata dal 1980 dallo stesso uomo. Robert Mugabe, per la precisione. "Beh, allora è una dittatura, non una democrazia", commento sottovoce. Il mio commento è veritiero. Pure Wikipedia me lo conferma: se de iure è una repubblica presidenziale, de facto è un regime autoritario.

Ragazzine di ritorno da scuola

Nel mentre ci avviciniamo al villaggio di Victoria Falls. È facile da capire, basta vedere il fumo che si alza dalle cascate. Il villaggio mostra anche qualche tratto occidentale, dovuto al benessere indotto dal turismo. Turismo che ha anche sostanzialmente azzerato la criminalità. La popolazione sa bene che la criminalità allontana il turismo. Se un turista venisse toccato, sarebbe l'inizio della fine di Victoria Falls. Per questo, l'autista ci dice che la cittadina, pur nella povertà, non è assolutamente pericolosa per i turisti.

Insegne scassate...

In hotel, ci accorgiamo di come la natura qui sia qualcosa di imparagonabile. Nello spazioso prato delimitato dal fiume Zambesi è dai lodge, i facoceri pascolano sereni. Sui balconi si aggirano babbuini (i babbons!) alla ricerca di cibo. Alla sera, bisogna fare attenzione ai coccodrilli in caccia. Insomma, natura selvaggia anche nei luoghi apparentemente più antropizzati. Guai ad uscire dai lodge di notte: il rischio, come è successo in passato a qualche turista, è quello di rimanere sbranati dai leoni.

...per ferrovie scassate

Nei nostri due giorni di Zimbabwe sono stato colpito in più direzioni. In primis dallo spirito di queste persone. Fuori dai lodge, ma anche in città, dove si respira aria di precarietà e indigenza, le persone sono tutte cortesi. Con gentilezza, prima ti salutano con un "Good morning, how are you?", poi chiedono quello che vogliono. O a volte lo fanno così, perché è nel loro spirito. I loro nomi ispirano fiducia, tranquillità, armonia: la guida che si chiama Happiness, l'impiegata che di nome fa Peace, l'addetta alle pulizie Flower. Non sono casi, sono nomi per noi curiosi ma diffusi.
Poi c'è il contrasto tra l'opulenza delle isole turistiche "occidentali" e il resto del paese (alla quale avevo già accennato in un precedente post). Anche nella più prospera (rispetto al resto dello Zimbabwe) Victoria Falls la differenza è stridente. Nei lodge, per esempio, il verdissimo prato centrale è innaffiato ventiquattro ore su ventiquattro, c'è cibo in abbondanza, non c'è lusso ma molto benessere. Fuori, è tutto arido - complice un inverno più secco del solito - così arido che la vegetazione sembra morta. Fuori, la gente combatte una lotta per due spiccioli che consenta loro di sfamarsi e di sfamare. Fuori, c'è la povertà, la vera povertà - qualcosa che anche in Italia, uno dei paesi più "poveri" dell'Unione Europea, non conosciamo.

Siccità

In soli due giorni di permanenza in Zimbabwe è normale che non tutto ci sia completamente chiaro. Credo che quello che qui abbiamo avuto modo di vedere non rispecchia a pieno il vero dramma dello Zimbabwe, del continente africano. Forse è per questo che al ritorno in Europa, felici perché consci di aver vissuto giorni meravigliosi, ci rendiamo comunque conto di essere tormentati da qualche senso di colpa (se possiamo chiamarli così). Una volta rientrati, però, ricomincia tutto come prima. Noi abbiamo molto, probabimente tutto. Loro niente, sicuramente pochissimo. Che giustizia è questa? No, la giustizia non esiste su questo mondo. Semplice utopia, una chimera sulla bocca di troppe persone.

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